Non è facile attirare l’attenzione del pubblico su uno sport diverso dal calcio. Se poi a praticarlo è una donna, l’impresa sembra quasi impossibile. Eppure sono proprio le donne ad aver regalato allo sport italiano le soddisfazioni maggiori degli ultimi anni. Le loro epiche vittorie hanno la personalità di Federica Pellegrini, la grinta di Valentina Vezzali, la grazia di Flavia Pennetta, l’eleganza naturale di Tania Cagnotto; portano anche il segno della determinazione di Josefa Idem, del coraggio di Alessandra Sensini, della classe di Carolina Kostner, della saggezza di Deborah Compagnoni.
Ma se da un lato lo sport al femminile, in determinate discipline, è molto seguito (soprattutto durante i giochi olimpici), molto spesso è screditato e considerato una sorta di passatempo dilettantistico. Se pensiamo anche alle numerosissime squadre di calcio femminile, oppure di rugby, ci accorgiamo che negli sport prettamente maschili, le donne non vengono considerate professioniste, anche se la loro vita è fatta di duri allenamenti e portano a casa coppe e medaglie. Purtroppo, però, lo stereotipo che alcuni sport non siano per donne è davvero radicato. Ma, come ha scritto Josefa Idem: “Fino a quando le donne saranno tenute ai margini dei processi decisionali e politici in materia di sport, sarà impossibile veicolare una nuova immagine in cui sono protagoniste”. D’altronde, se guardiamo i dati in merito alla progressiva partecipazione femminile alle gare olimpiche, risulta chiaro il percorso irto di difficoltà che le donne hanno dovuto superare: alle Olimpiadi del 1904 si ebbe lo 0,94% di presenza femminile per passare al 4,39% vent’anni dopo. Solo ai Giochi olimpici del 1952 a Helsinki superano il muro del 10%. Nel 1976 a Montreal viene raggiunto il 20%, e per superare la soglia importante del 33,98% si è dovuto attendere Atlanta 1996.
Le tappe verso la conquista del giusto riconoscimento
Se da una parte esistono prove di un pratica sportiva femminile fin dal 1900 a.C., dall’altra le donne ebbero invece un ruolo marginale quando nacque lo sport moderno. Ciò va imputato agli influssi del romanticismo ottocentesco, che aveva creato l’immagine della donna quale essere languido e malinconico. Il francese De Coubertin, inconsapevole della partecipazione anche femminile ai Giochi di Olimpia, affidò alla donna una funzione ancillare,prevedendo solo l’incoronazione dei vincitori. A questo si oppose la francese Alice Milliat, fondatrice, nel 1921, della Federazione Sportiva Femminile Internazionale. In questo modo riuscì alla fine a dare importanza e riconoscimento alle donne nello sport agonistico.
La Villa Casale di Piazza Armerina (Enna) di epoca romana offre uno spettacolo colmo di storia e che ci permette di riflettere. Il mosaico chiamato “le ragazze in bikini” mostra che già nel IV secolo le donne erano solite esercitarsi in attività fisica. Sono raffigurate ragazze impegnate nella corsa campestre, nel lancio del disco e nel gioco della palla, mentre le vincitrici vengono premiate con la palma della vittoria e una corona di rose.
Vediamo le principali tappe dello Sport Femminile fino ai giorni nostri:
- Nell’antica Grecia, dove sono nati i concetti di ginnastica e sport, esistevano giochi riservati alle donne, gli “Heraia”, in onore della dea Hera. La prima donna a essere inserita nell’albo delle Olimpiadi è Cinisca, vincitrice due volte della corsa dei carri nel 396 e 392 a.C. Si tenevano in un periodo diverso rispetto alle Olimpiadi riservate ai maschi. Le ragazze greche comunque non erano incoraggiate ad essere atlete. Faceva eccezione la città di Sparta che formava le ragazze agli stessi valori sportivi dei ragazzi.
- I giochi sportivi continuano durante l’Impero Romano trasformandosi in spettacoli, sempre più violenti e ovviamente riservati agli uomini.
- Con l’avvento del Cristianesimo si assiste ad una progressiva eclissi dell’attività fisico-sportiva, in quanto pratiche “pagane”.
- Per poter coniugare lo sport al femminile dobbiamo aspettare il XIX secolo, quando nei palazzi inglesi e francesi le nobildonne iniziarono a cimentarsi in giochi di movimento. Il gioco più praticato era una sorta di “Badminton”, talmente diffuso che anche Walt Disney lo inserirà in un famoso film.
- Nel 1893 Senda Berenson, definita la madre della pallacanestro femminile, modifica le regole scritte da Naismith adattandole alle donne. Con questo gioco intendeva migliorare la socializzazione e la collaborazione tra le ragazze.
- Nel 1896 la greca Stamàta Revithi provò a iscriversi con lo pseudonimo Melpomene alla maratona della prima edizione delle Olimpiadi; la sua iscrizione non venne accettata, ma lei partì ugualmente venendo fermata prima dell’arrivo.
- Nel 1900 a Parigi alcune donne ottengono il permesso di partecipare ad un torneo di tennis all’interno del programma olimpico e la inglese Charlotte Cooper diventa la prima donna a ricevere un alloro olimpico.
- Nel 1907 Ida Nomi traduce in italiano il regolamento del basket e presenta il gioco “la palla al cerchio”, primo esempio di pallacanestro in Italia.
- Alle Olimpiadi di Londra del 1908 le donne possono partecipare alle gare di tiro con l’arco.
- Nel 1912 alle Olimpiadi di Stoccolma, senza il consenso di de Coubertin, vennero ammesse le donne alle gare di ginnastica e di nuoto suscitando un grande scandalo a causa dei costumi utilizzati. De Coubertin espresse la propria opinione in questi termini: “Un’Olimpiade femminile non sarebbe pratica, interessante, estetica e corretta.”
- Nel 1921 la francese Alice Milliat fonda la (F.S.F.I.) Federazione Sportiva Femminile Internazionale e organizza i Giochi Olimpici Femminili in opposizione ai veri Giochi Olimpici.
- Nel 1922 e nel 1926 furono organizzati, a Parigi e a Göteborg, i Giochi mondiali femminili, che minacciarono di oscurare i Giochi Olimpici; il loro successo indusse il Cio ad ammettere, nel 1928, la partecipazione di quelle che vennero definite spregiativamente le “atletesse“.
- Nel 1922, sebbene in Italia già dal 1878 con la legge De Santis si rendesse obbligatorio l’insegnamento nelle scuole della “ginnastica educativa” anche alle ragazze, l’avvento del regime fascista dà una sterzata rilevante al connubio donna e sport. La donna sportiva è ammirata e appoggiata dagli intellettuali fascisti che considerano importante per la crescita dello Stato non solo l’uomo forte ma anche la donna forte.
- Nel 1923 nasce la FIAF (Federazione italiana Atletica Femminile) e gli sforzi profusi dal regime fascista avranno presto ripercussioni sui risultati sportivi.
- Nel 1924 la ciclista Alfonsina Strada dopo aver partecipato a numerose gare, chiese di potersi iscrivere al Giro d’Italia. La sua partecipazione fu ricca di polemiche, la Gazzetta dello Sport parlò di Alfonsin Strada, il Resto del Carlino la trasformò in Alfonsino Strada.
- Alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 furono ammesse 278 donne che, per la prima volta, poterono partecipare alle gare di atletica leggera. La prima medaglia fu vinta dalla polacca Halina Konopacka nel lancio del disco, ma la sua popolarità fu soppiantata dalla statunitense Elizabeth Robinson che 25 minuti più tardi vinse l’oro nei cento metri piani.
E’ merito di questi personaggi storici se ai nostri giorni la quota di atlete femminili è in forte recupero sul corrispettivo maschile: basti pensare che a Rio il 46,1% degli atleti era donna. Per le Olimpiadi giapponesi del 2020 la prospettiva è di sfiorare la parità dei sessi.
«Non ho mai guardato indietro. Solo avanti». Steffi Graf, tennista