Intervista a Manuela Levorato, la donna più veloce d’Italia

Manuela Levorato bronzo ai campionati europei di Monaco di Baviera

Il mio sogno più grande era quello di essere la donna più veloce d’Italia. Era il sogno di una piccola bambina un po’ “sfigata”

Manuela Levorato è la regina indiscussa della velocità italiana. Una delle donne più forti che l’atletica leggera italiana abbia mai avuto. Chi fa velocità sa bene cosa significhi lottare contro il tempo. Proprio quel tempo che, nel 2001 a Losanna, ha incoronato Manuela Levorato come la donna più veloce d’Italia. 11”14 è infatti ancora oggi il primato italiano sui 100 m. Una carriera da plurimedagliata (16 medaglie internazionali, 17 titoli italiani), condizionata da qualche infortunio di troppo.

Potenza ed eleganza, gentilezza e disponibilità, Manuela si è sempre contraddistinta come brillante atleta e al di fuori della pista come splendida persona. Oggi l’atleta veneziana è mamma di 3 bambini: Giulia e i 2 gemellini, Gabriele e Ginevra.

Manuela Levorato si è raccontata ai nostri microfoni. Abbiamo ripercorso i momenti più importanti della sua carriera come atleta, giungendo fino all’ultimo incarico di Vicepresidente Fidal Veneto, dove ha raccolto il testimone dalla grandissima Sara Simeoni.

Fra 3 mesi il tuo record italiano sui 100 metri compirà esattamente 20 anni. Cosa ricordi di quella gara?

Losanna 4 luglio 2001. Mi ricordo soprattutto un’incredibile leggerezza mentale. Sapevo che prendevo l’aereo da Roma per tentare questo record. La carta vincente è stata proprio la consapevolezza che potevo realmente farlo. Tuttavia, molto è dipeso da quella leggerezza totale di non dovermi addossare nessun tipo di pressione. E così ha fatto anche tutto il mio entourage. È stata la vera mossa vincente. Se penso che sono passati 20 anni non mi pare vero. Comunque i ricordi sono molto vivi. Avevo un peso forma eccezionale.

Complice prima gli infortuni, poi il bellissimo evento della maternità, non sei mai riuscita a partecipare ad un’Olimpiade. Rimpianti?

La gente pensa che, quando io dica che non abbia rimpianti, un po’ nasconda la verità. Perché un’Olimpiade è pur sempre un’Olimpiade. Posso dire che comunque la mia di Olimpiade l’ho vissuta. Ero già riuscita a fare ampiamente i due tempi minimi per i 100 m e 200 m. Avevo fatto il viaggio, ero dentro il villaggio olimpico (di Sydney ndr), mi ero riscaldata, ma il piede mi faceva troppo male. É stato un errore di valutazione tecnica, di sovraccarico da lavoro eccessivo prima delle Olimpiadi. Un errore molto sciocco tra l’altro. Posso dire comunque di aver vissuto le Olimpiadi. Non mi pesa niente, perché mi ritengo di essere stata una persona e un’atleta molto fortunata.

Qual è il momento più bello che ricordi della tua carriera?

Il più bello è stato un centimetro dopo il traguardo del primo record in assoluto che io abbia fatto. Era il 1998, a Vigevano. Quel record mi ha consacrata. Dopo quel traguardo tutto è cambiato intorno a me. Non ero più una che giocava a fare l’atletica, ma era diventata una faccenda seria, anche per i giornali.

Invece, i momenti più gioiosi sono stati due. Entrambi ai Campionati Europei, che mi hanno “battezzata”. Il primo è stato ai campionati europei Under 23. Ho vinto 2 ori, facendo 2 record italiani. Non era mai successo a nessun altro italiano, sia tra gli uomini che tra le donne. Era a Goteborg ‘99. Ero la capitana, e tutto mi riusciva benissimo. Questi successi li metto a pari passo con i bronzi europei (Monaco 2002 ndr). Lì ho conosciuto per la prima volta cosa fosse davvero la felicità.

E il peggiore?

Il più brutto tu penserai sia l’infortunio di Sydney. Sì, in parte lo è, ma il peggiore per me è stato quando, dopo ben 2 record Italiani con la 4×100 che sponsorizzavo fortemente per portarmi alle Olimpiadi di Sydney anche le mie compagne con 2 riserve, il Coni decise di portare la 4×400 femminile, nonostante le promesse fatte in caso di record. Non si è mai saputo ufficialmente il perché.

Quello è stato il mio più grande rammarico perché l’impegno è stato enorme. Personalmente mi ero impegnata già dall’inverno precedente a chiamare ognuna delle mie compagne, a informarmi su come procedevano gli allenamenti, come stavano, se avevano bisogno di qualche cosa. Avevo anche rinunciato a meeting e ingaggi personali per andare a provare le staffette in raduno o partecipare ad altri meeting per far girare bene il testimone. Quando invece ci dissero che non bastavano i 2 record la cosa mi amareggiò oltre modo. Avevo visto la delusione in faccia alle mie compagne e non se lo meritavano.

Nel 2000 con Pistone, Graglia e Grillo hai stabilito il record italiano nella 4×100 (poi battuto) a Barletta. Proprio a casa del più grande velocista e atleta italiano di tutti i tempi, Pietro Mennea. Che emozioni ti suscita questo nome e quella gara?

Barletta la consideravo un po’ casa mia. È un meeting che ho fatto quasi tutti gli anni, fino a quando l’hanno organizzato. Già da quando scendevo dalla scaletta dell’aereo a Bari venivo accolta in modo eccezionale da queste persone straordinarie. E quando un atleta si trova bene, si sente sostenuto e a suo agio rende decisamente bene. Tant’è che io ho fatto un 11”21 magnifico a Barletta nel 2000. Mi ricordo che gli spalti erano pieni, c’erano un sacco di ragazzini, una vita straordinaria in quel campo. Avendo eseguito il miglior risultato tecnico, sia tra gli uomini che tra le donne, fui premiata da Pietro Paolo Mennea. Questi sono tra i ricordi più belli.

Subito dopo avevo anche la staffetta per provare a fare questo record. A fine gara si susseguirono pianti liberatori di tutta la tensione accumulata. Avevamo dimostrato quello che alcuni pensavano noi non fossimo in grado di fare. É stato eccezionale, siamo stati ripagati con un affetto incredibile. Portai a casa tantissimi regali che avevano preparato per noi: cose da mangiare, i taralli… Mi ricordo anche dove alloggiavo, l’Hotel dei Cavalieri. Era insieme a Padova il mio meeting preferito.

Manuela Levorato premiata dal grande Pietro Mennea

L’atletica è sempre rimasta nella tua vita. Da poco sei stata eletta a Vice presidente Regionale della FIDAL Veneto, ruolo ereditato da un’altra leggenda dell’atletica italiana, Sara Simeoni. Come hai accolto quest’ultima esperienza?

Ho accolto questa vicepresidenza con grande responsabilità. Quando mi hanno proposto la candidatura ero un po’ incerta perché dal mondo sportivo praticato si passava ad un mondo sportivo politico. Però a questo punto, a 44 anni, credo di aver accumulato anche un po’ di esperienza da quel punto di vista e finalmente di poter ridare qualcosa all’atletica, visto che tanto ha dato a me. Era giunto il momento. Mi sono messa in discussione, per ora a livello regionale, ed è andata molto bene. Ho raccolto tanti voti, alcuni anche inaspettati. Fra i consiglieri sono stata votata anche con la vicepresidenza. È un immenso onore. Ancora ci penso e la cosa mi dà grande orgoglio.

Tra l’altro, quello che hanno ritagliato per me è perfetto, perché è quello che io desidero fare: la promozione. Vorrei fare promozione in tutta la Regione, toccando tutte e sette le province. Entrare nelle scuole, nel cuore dei ragazzi, dei docenti, di invitare le società di atletica dei dintorni a venire con me nelle scuole appena si potrà, Covid permettendo. Questa è la mia mission numero uno. Durante le elezioni, mentre Sara Simeoni faceva il suo saluto di commiato ha avuto parole toccanti per me. Non nego di aver avuto qualche lacrimuccia. Non mi aspettavo che lei potesse dire parole così belle: era contenta di lasciare a me Il testimone, mi riteneva una persona all’altezza del ruolo. Proprio lei che è la principessa. Io ce l’ho in rubrica memorizzata come principessa Sara Simeoni. Ho tremato sulla mia sedia. Ma sono pronta!

Manuela Levorato con Sara Simeoni

Nell’ultimo anno lo sport, soprattutto quello di base, ha subito un duro contraccolpo a causa della pandemia. Da mamma di una piccola atleta come hai vissuto quest’ultimo periodo?

Avendo una figlia di 12 anni e due gemelli di 5, è stata molto dura da mamma cercare di far fare delle attività ai ragazzi. A questa età hanno bisogno del movimento, non resistono così tanto tempo in casa. Giulia (la primogenita ndr) è fortunata perché fa atletica leggera (giuro che me l’ha chiesto lei di praticarla) che non prevede contatto e si svolge all’aria aperta. Poi, devo dire che noi siamo veramente fortunati perché abbiamo un giardino e dunque ci siamo inventati di tutto e di più.

L’atletica diciamo che ne ha “guadagnato”. Era una delle poche attività che si potevano fare. Quindi, molti ragazzini sono emigrati in pista.

Manuela Levorato e i suoi figli

Da sempre sei sostenitrice dello sport nelle scuole. Credi che bisogna fare qualcosa di più? È da qui che bisogna ripartire?

Assolutamente. Bisogna partire dalle scuole. Parlo per il mio sport, l’atletica è completamente sparita dalle scuole, non sanno nemmeno cosa sia. É per questo sono molto felice che mi sia stato assegnato il compito di promuovere e divulgare lo sport. Bisogna entrare nelle scuole e, come dice Sara Simeoni – che ha svolto questa attività negli ultimi anni – i ragazzi rispondono sempre benissimo. Ho notato che quando si parla di sport i ragazzi sono sempre molto interessati, sia i maschi che le femmine. Bisogna preparare anche i docenti di educazione fisica. É questo che la Fidal regionale vuol fare, ovvero creare dei corsi per questi insegnanti che a loro volta possano poi proporli ai propri alunni. Uno stato civile deve partire dai più piccoli, insegnare la disciplina sportiva fin dalla più tenera età, in maniera da creare un cittadino sano che abbia una cultura sportiva.

Quest’estate ci saranno le Olimpiadi, dove l’atletica è la disciplina regina, cosa ti aspetti dalle ragazze Azzurre di atletica?

In verità le punte per questa volta sono maschili, ovvero Tamberi, Tortu e Jacobs. Abbiamo però una scalpitante Iapichino, un proseguo davvero superbo della mamma che è stata anche una mia cara compagna di squadra.

Credo che comunque alle Olimpiadi una medaglia e 3 finalisti ci potrebbero stare. Anche Antonella Palmisano nella marcia può fare molto bene.

Sul settore della velocità c’è qualche ragazza interessante?

Sì, si chiama Vittoria Fontana e ha vent’anni. Molti dicono che mi assomigli fisicamente. Forse, anche caratterialmente. Pure lei abbastanza timida, ma tenace. È molto promettente, ha vinto i campionati europei juniores. Ha avuto un infortunio, ma si è ripresa. È una ragazza con la testa sulle spalle, personalmente mi piace molto. Vedo in lei un ottimo futuro nei 100 m e anche nei 200 m. Poi non posso dimenticare Irene Siragusa, che ha qualche anno in più ma ha degli ottimi tempi sui 100 metri. Anche Johanelis Herrera Abreu va molto forte. Inoltre, nella velocità quest’anno c’è una staffetta dove il testimone va via veloce.

Hai iniziato a 17 anni, forse un po’ tardi per lo sport di alto livello. Cosa potevi ottenere iniziando prima?

Molti non si ricordano che io ho iniziato tardissimo a fare atletica. Inoltre, prima di iniziare con l’atletica ero rimasta ferma per qualche anno senza praticare alcun sport. Avevo fatto solo un po’ di nuoto e un po’ di karate. Ho iniziato proprio da zero. Certi tremendi difetti di corsa che avevo, tipo le ginocchia basse e le braccia molto scoordinate, erano un’impresa titanica da sistemare. Poi ho dovuto iniziare subito con allenamenti duri, 6 giorni su 7, soprattutto in quantità. Certi schemi motori ormai erano consolidati.

Vabbè, alla fine è andata bene lo stesso e molto devo al mio coach Mario Del Giudice e alla tranquillità che mi ha sempre dato l’Aeronautica Militare. Il mio rammarico è stato solo non avere esplorato i 400 m, dove probabilmente avrei potuto fare bene, mi piacevano. Ho fatto una sola prova sui 400 m.: 52”16 che all’epoca era anche il quarto miglior tempo in assoluto, e avevo corso a malapena dei 300 in allenamento.

Tu sei anche molto legata alle iniziative sociali, in particolare quelle che riguardano l’ospedale pediatrico di Padova “La città della Speranza”. Raccontaci qualcosa in merito…

Ho sempre voluto rispondere presente a qualche bella iniziativa sociale, semplicemente perché mi fa stare bene. La vita mi ha dato talmente tanto che è doveroso che io possa provare a fare qualcosa per gli altri. Abbiamo fatto delle bellissime sfilate di moda grazie alla mia amica Sabrina Franceschini, dove si è raccolto parecchio per la Città della Speranza.

Altra iniziativa a cui tengo molto è “La colonna Onlus”, nata dall’idea del mio amico Giancarlo Volpato (rimasto paraplegico dal collo in giù dopo una partita di rugby). Lui è di Mirano, un ragazzo magico. Riesce a fare sempre delle belle iniziative raccogliendo ogni anno tante donazioni per aiutare chi ne ha bisogno.

Poi c’è la sindrome rara Cornelia de Lange e la mia amatissima associazione che sostengo. Inoltre ho a cuore altre due onlus padovane: GECA, associazione nata per lottare contro una malattia di origine genetica, la Cardiomiopatia Aritmogena, e Cometa A.S.M.M.E. nata per aiutare i bambini colpiti da malattie metaboliche ereditarie.

Infine, casa Priscilla. Una casa famiglia dove c’è la straordinaria suor Miriam che accoglie tutti questi bambini in situazioni di disagio o di abbandono. Ogni tanto vado a trovarla e mi apre il cuore.

Nella foto Manuela Levorato durante una sfilata benefica

Il mio sogno più grande era quello di essere la donna più veloce d’Italia. Era il sogno di una piccola bambina un po’ “sfigata”.  

Manuela Levorato

Ringraziamo Manuela Levorato per la disponibilità.